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mercoledì 31 maggio 2017

Van Gogh

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VIDEO SU VAN GOGH OVO

Vincent van Gogh, pittore olandese dell’Ottocento, è tra gli artisti più celebri di tutti i tempi. Nasce il 30 marzo 1853 a Groot Zundert, figlio primogenito di un pastore protestante. Di indole molto inquieta e sensibile, lavora per breve tempo in una ditta di mercanti d’arte, ma presto avverte una profonda vocazione religiosa, che lo induce a studiare teologia e a frequentare una scuola di evangelizzazione. A 25 anni è inviato a predicare nella regione mineraria del Borinage, in Belgio. La sua vicinanza ai minatori e il sostegno alle loro rivendicazioni destano il sospetto delle autorità, che lo sospendono dall’incarico. Van Gogh rimane a lungo in questa regione, ed è qui che realizza i suoi primi disegni.

A 27 anni inizia a studiare pittura, anche grazie all’appoggio del fratello Theo. Esordisce con opere realiste in cui prevalgono colori cupi: nature morte, scene di villaggio, contadini, tessitori, dipinti con intensa partecipazione emotiva. Appartiene a questa prima fase I mangiatori di patate. Nel 1886 van Gogh si stabilisce a Parigi, presso il fratello Theo, che lavora come mercante d'arte. Nella capitale francese, conosce gli sviluppi più recenti dell’arte moderna e imprime una svolta alla sua pittura. Ora usa colori chiari e brillanti, che stende con pennellate allungate. Amplia la gamma dei suoi soggetti, dipingendo ritratti e scene della città.

Nel 1888 si reca ad Arles, in Provenza alla ricerca di quiete. Qui dipinge paesaggi inondati di luce, campi di grano e giardini fioriti. Abita nella famosa “casa gialla”, dove sogna di istituire una comunità di artisti. Ad Arles lo raggiunge l’amico pittore Paul Gauguin. Per un breve periodo i due dipingono insieme, ma presto emergono i contrasti. Dopo un violento litigio, Gauguin decide di andarsene. Van Gogh, profondamente scosso, si taglia un orecchio. Colpito da frequenti crisi nervose, è ricoverato a più riprese all’ospedale di Arles. In seguito, decide di entrare all’istituto psichiatrico di Saint-Remy.

Suo grande conforto è l’affetto del fratello Theo, con il quale intrattiene una fitta corrispondenza. Nonostante i problemi di salute, van Gogh seguita a dipingere, sia durante i ricoveri, sia ad Auvers-sur-Oise, dove si trasferisce nella primavera del 1890. Qui, il dottor Gachet, suo amico e appassionato d’arte, si prende cura di lui. Nelle sue ultime opere, il colore diventa sempre più intenso e materico, e la pennellata diventa sempre più mossa, fino a distorcere le forme. Esemplare è Notte stellata dove il dato naturale è quasi trasfigurato. Nell’estate 1890, mentre sta dipingendo in mezzo ai campi di grano van Gogh è colpito dall’ultima crisi nervosa. Muore il 29 luglio 1890, a 37 anni, dopo essersi sparato al petto.



1853
Nasce il 30 marzo a Groot Zundert














le opere 




1878 
nel Borinage in Belgio




"I mangiatori di patate" 1885 
Museo Van Gogh di Amsterdam


paio di scarpe, pair of shoes, vincent van gogh, 1887


1886

Parigi e l'Impressionismo








Asnieres


ARLES

1888

Lo studio del Sud



 
"La casa gialla" 1888
 Van Gogh Museum di Amsterdam





Vincent van Gogh, La camera di Vincent ad Arles

"La camera di Vincent ad Arles"  1888
Van Gogh Museum di Amsterdam





"I girasoli" 1888-1889









 Vincent Van Gogh, Girasoli (serie), 1888-1889, olio su tela



Autoritratto con orecchio bendato


Risultati immagini per autoritratto van gogh


SAINT REMY

1889


 Ospedale psichiatrico di Saint Rémy


SelbstPortrait VG2.jpg

"Auoritratto" 1889 Museo d'Orsay Parigi

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Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1889, olio su tela, 73.7×92.1 cm, Museum of Modern Art, New York

"Notte stellata" 1889
 Museum of Modern Art, New York.
 
 
 
 
 
ANALISI dell'OPERA👇👇👇👇

Questo dipinto venne realizzato da Van Gogh nel 1889 durante la sua permanenza all’ospedale psichiatrico di Sàint-Rémy.

Qui l’artista restò sveglio per tre notti ad osservare la campagna che vedeva dalla sua finestra: silenziosa, maestosa, con quel grande cielo che la sovrastava.

Nel manicomio di Sàint-Rémy Van Gogh restò 53 settimane, nelle quali dipinse 150 tele, trasformando la sua cella in un vero e proprio studio.

“Notte stellata” è un olio su tela di cm 73 x 92, oggi conservato al MOMA di New York.






L’ opera ha un forte potere evocativo, appare semplice pur racchiudendo in sé una natura complessa.

Il cielo occupa gran parte della tela, in basso Van Gogh rappresenta un paese, forse il villaggio olandese in cui è nato.

La tranquillità del piccolo paesino addormentato

 

viene contrastata, in alto, dalla vitalità del cielo notturno, di un blu intenso, con vortici inarrestabili e improvvisi lampi di luce.





Il colore è denso, materico e profondo.

La superficie della tela sembra quasi aggredita da pennellate nervose che cambiano continuamente direzione.




Le stelle, trasformate in spirali, rappresentano il tormento dell’artista, la sua profonda sofferenza interiore.








Mentre il cipresso, in primo piano, è un chiaro presagio di morte. 



Van Gogh è stato uno dei primi artisti ad utilizzare la pittura come espressione dell’”io” e non più come semplice rappresentazione della realtà.

Un artista che ha saputo esprimere la sua interiorità irrequieta con opere di grande impatto emotivo.



Riferendosi alla sua “Notte stellata” Van Gogh disse:


"Non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare"

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Iris


campo di grano con cipressi



AUVERS SUR OISE

1890

Ritorno al Nord



  
"Chiesa di Auvers" 1890 Museo d'Orsay, Parigi. 

  
"Ritratto del Dottor Gachet" 1890




"Vaso con iris" 1889




Vincent van Gogh, Campo di grano con volo di corvi


"Campo di grano con volo di corvi" 1890 (Auvers-sur-Oise)
Van Gogh Museum, Amsterdam. 

👇👇👇PER L'ANALISI DELL'OPERA👇👇👇

APPROFONDIMENTO


 

 

 

1890

Muore il 29 luglio

 

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LA LIBERTA' E' IL COLORE DELLA VITA

“Me ne sto in gabbia, me ne sto in gabbia, e non mi manca niente, imbecilli! Ho tutto ciò di cui ho bisogno! Ma per piacere, libertà, lasciatemi essere un uccello come gli altri!”. 
(dalle lettere di Vincent Van Gogh)
 
Forse è proprio il grido di libertà, continuo e disperato che ha segnato l’esistenza di Vincent Van Gogh. Una libertà che assomiglia alla voglia di fuggire dagli sterili canoni del quotidiano, una libertà che chiede di potersi esprimere liberamente senza le censure ipocrite che la società imponeva sul finire del XIX secolo, quando ancora essere un alienato significava essere soltanto un fastidioso rifiuto dell’umanità. Eppure Vincent Van Gogh non fu una vittima, la forza del suo genio non si piegò mai agli eventi del contingente, lo accompagnò fino alla fine dei suoi giorni quando, in una calda e assolata giornata di luglio, decise che la vita probabilmente era diventata fin troppo noiosa e sterile per chi come lui già le aveva “rubato” tutto. Ma questo è solo l’ultimo passo di una vicenda esistenziale straordinaria, la vicenda di un uomo che con le sue opere ha scosso la storia dell’arte e che ancora a distanza di più di un secolo dalla sua morte continua a farlo.




Vincent van Gogh

La Ronda dei Carcerati 1890
Olio su tela 80 x 64 cm,
Museo Puškin, Mosca







 

Questa tela, intitolata La Ronda dei Carcerati, è di Vincent van Gogh, datata 1890, anno della sua morte.

L’artista descrive una realtà che non è ricorrente nell’arte: il carcere, la prigione.

Una condizione che lui stesso visse, non in quanto fisica-giudiziaria, ma in quanto psicologica ed emotiva; infatti, quando dipinse quest’opera, van Gogh si ritrovava ricoverato e rinchiuso nel manicomio di Saint-Rémy, in Francia.

Quest’opera è la copia fedele dell’incisione di Gustave Dorè, del 1872, Newgate: The Exercise Yard.

Gustave Dorè

Newgate – Esercizio Fisico
1872
Incisione su legno 24,1 x 30,5 cm

Infatti, Van Gogh, non potendo uscire dal manicomio si faceva inviare dal fratello Theo alcune stampe, dalle quali trarre ispirazione per nuovi lavori.

Van Gogh la riproduce con il suo tipico espressionismo nudo e crudo, reso tale dai colori, ma soprattutto dalla sua caratteristica pennellata nervosa.

La scena, a volo d’uccello (ripresa dall’alto), è ambientata all’interno di un cortile, in cui un gruppo di detenuti cammina in cerchio, in senso orario, sotto stretta osservazione di alcune guardie, rappresentate alla destra del quadro.

Lo spazio esagonale è claustrofobico ed opprimente.

Le mura sono alte e sembrano continuare oltre il dipinto.

Gli uomini, rappresentati con umili vesti, procedono a testa bassa, malinconici, tristi e rassegnati al loro destino.

Una rassegnazione ostentata soprattutto da uno dei detenuti, che volge lo sguardo verso l’osservatore.

Un detenuto che, ad una più attenta osservazione, ci restituisce un autoritratto dell’artista stesso.

L’artista si fa così narratore della sua tragedia, fatta di solitudine, disagio e incomprensione.

Si rappresenta senza il copricapo, scelta forse intenzionale per essere più facilmente notato tra gli altri detenuti, con le mani abbandonate lungo il corpo e con uno sguardo che invoca aiuto e comprensione in chi lo guarda.

L’uomo-artista risulta essere centro focale e psicologico dell’intera opera.

Ma in tutta la tristezza e l’angoscia, aleggia un filo – in questo caso un volo – di speranza: due farfalle bianche volano verso l’alto e si scagliano come piccoli puntini bianchi sulle pareti. È un prototipo figurativo quello di inserire in un’opera d’arte, come simbolo di libertà e di speranza, il volo di farfalle o uccelli.

Un barlume di speranza è dato anche dalle uniche e piccole finestre rappresentate sul lato destro e frontale e dalla luce zenitale, che proviene dall’alto, dall’apertura del patio.

Per ovvie ragioni, il dipinto non è la raffigurazione di una scena reale, ma è una sorta di reportage sociale e psicologico sulla condizione dei reclusi, oltre che della condizione personale dell’artista.

La reclusione, la prigione o il carcere che sia, pur avendo alla base delle motivazioni giuridiche, sociali e/o psichiche, restano delle condizioni alienanti, distruttive e addirittura disumane, se non trattate e gestite in maniera corretta.

Esse, obbligate o non, restano condizioni e situazioni molto difficili da gestire sia per chi le vive e sia per chi è chiamato a dirigerle, perché capaci di mettere in moto pulsioni, atteggiamenti e soprattutto pensieri, che possono danneggiare, anche gravemente, non solo il fisico ma soprattutto la psiche di una persona.

Nel quadro analizzato, Van Gogh, mostrandosi come simbolo di tale condizione, lancia, mediante lo sguardo di un detenuto, un insegnamento: lui, che sta vivendo in pieno lo stato emotivo e fisico della reclusione, tra malinconia e disperazione, riesce ancora a sperare e a realizzare un’opera d’arte, un’ennesima dimostrazione che la vera arma per sentirsi meglio è la libertà, di qualsiasi natura essa sia, in qualsiasi modo la si cerchi e la si ottenga, ma soprattutto in qualsiasi situazione ci si trovi.





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